Ventiquattro cervelli
Ventiquattro Cervelli. Saggi non critici, Puccini, Ancona, 1913
Raccolta di ventiquattro saggi già apparsi in giornali e riviste fra il 1902 e il 1912, preceduti da una prefazione intitolata Due sole parole.
I. La Vita
d'Ignoto II. Buddha III. Dante IV. Leonardo V. L. B. Alberti VI. Don Chisciotte VII.G. Locke VIII.
G. Berkeley IX. Spencer X. F. C. S. Schiller XI. Hegel XII.Nietzsche |
XIII. R. Eucken XIV. Michelstaedter XV. Vico XVI. R. Ardigò XVII. E. Ferri XVIII. G. Vailati XIX. A. Farinelli XX. E. Regàlia XXI. E. Bergson XXII. W. Whitman XXIII. L. Tolstoi XXIV. T. Dostoievski |
«Sono
ventiquattro articoli su ventiquattro uomini: articoli scritti fra il 1902 e il
1912. Vi son dentro poeti filosofi, fantasmi
immaginari e scienziati, mistici e pittori, mescolati senza cura di raggruppamenti
e di gerarchie. Vi sono consacrazioni e stroncature; rivelazioni affettuose di
uomini trascurati e demolizioni di glorie fittizie. Alcuni scritti son lunghi e pensati, altri brevi e leggeri; ve ne son di quelli che riscriverei
oggi tali e quali e altri che muterei volentieri. V’è, insomma, una piccola
parte della mia attività sparpagliata, presa così com’è, senza preoccupazioni
di ordine e coerenza. Alcuni, difatti, si contraddicono. Cosa importa? In dieci
anni un uomo che lavora col suo cervello ha diritto di cambiare – cioè di
contraddirsi – quanto vuole.
L’unica unità di questo libro, - se proprio si vuole a tutti i costi qualcosa
che somigli all’unità – sta nel fatto (non idea) che si tratta
qui di ventiquattro cervelli di uomini esaminati da un cervello solo, il quale,
attraverso i suoi mutamenti, ha pur qualcosa di costante nel suo modo di
capire.
E in che modo quest’anima ha guardato queste ventiquattro anime? Non già con lo
scrupolo dello studioso puro e semplice, né colla sicumera del critico
definitivo, bensì come un’anima di uomo che vuol penetrare vivamente nell’anima
di altri uomini: sia per farle amare sia per farle odiare. Son
dunque, quasi tutti, saggi passionali, soggettivi, parziali, lirici, in
un certo senso, e non critici. vale a dire ch’essi
possono far piacere e comodo soprattutto a quelli che tengono a conoscere me
attraverso quel che dico degli altri. Ma ho paura – per l’editore – che questi
tali sian pochi (1912)».