La paga del sabato

La paga del sabato. Agosto 1914/1915, Studio Editoriale Lombardo, Milano, 1915

 

La mia vigliaccheria

       I.            Avanti la guerra

     II.            Vigilia affannosa

  III.            La guerra

   IV.            Tedescheria

     V.            Latinità

   VI.            Trinità militare

VII.            La nostra guerra

 

"Perchè per noi questa guerra era sentita unicamente come necessità di liberazione e difesa rispetto alla supertedeschità trionfante. Noi intellettuali, noi poeti, noi artisti non possiamo sentire la guerra per la guerra, la bella guerra e altre imbecillità clamorose di piccole bestie fallite. La guerra, vista con occhio disinteressato, ha del grande ma più come spettacolo di scientifico orrore e come valvola di spopolamento che per altro. Nella sua realtà ordinaria è sporca, brutta, stupida, macellaresca. È buona per i bruti, per i sani, non per i superiori e i raffinati. Questi posson godere e rappresentare la guerra anche senza andarci. Stendhal stava nelle sussistenze dietro gli eserciti di Napoleone; Tolstoi ha preso parte soltanto a qualche scaramuccia nel Caucaso eppure tutti e due hanno dato le più belle descrizioni di battaglie di ogni letteratura. Io non avrei pensato mai a predicare la guerra in tempi di pace. La guerra sciupa e ritarda tante di quelle cose che non ci compensa mai abbastanza coll'emozioni e i risultati che può dare. Ma poiché questa guerra fu cominciata senza di noi e si presentava l'occasione di prendervi parte in condizioni buone per aiutare il rintuzamento di un popolo che c'è in molti nemico era bene, era necessario che l'Italia non fosse assente. Ma in forza d'un bisogno difensivo, del momento, e in definitiva repugnante - non perchè la guerra mi paresse desiderabile personalmente e a tutti i costi, come affare magnifico in (dalla Prefazione)".

 


 

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