Le felicità dell’infelice

Le felicità dell’infelice. Le ultime "Schegge", Vallecchi, Firenze 1956

Opera postuma, anche se ordinata in gran parte da Papini stesso poco prima della morte; raccoglie le schegge pubblicate sul Corriere della Sera nel biennio 1955-56 e termina con l’ultima, Fuoco e neve, rimasta incompiuta.

 

Perchè schegge

Qualche amico mi ha chiesto ultimamente perchè ho dato il nome di schegge a questi frammenti di pensieri, a questi spunti di poesia, a queste tessere di capricci.

Potrei rispondere che l’ho chiamate così perchè altre denominazioni erano già in uso, come per esempio la parola trucioli adoprata da Sbarbaro e molto prima che da lui dall’anglo-tedesco Max Müller, ma forse la vera ragione è questa: ho tentato di sbozzare nella mia vita di scrittore qualche grande statua, quella di Cristo, di Sant’Agostino, di Dante e di Michelangelo e lavorando intorno a queste gigantesche figure ho dovuto, come ogni buon artefice, levare il soverchio, cioè scartare e omettere certe rifelessioni, osservazioni e digressioni che mi venivano via via suggerite dall’argomento.

Paragonando l’arte mia a quella dello statuario mi è venuto fatto di vedermi dinanzi ai piedi quelle schegge o scaglie di marmo tolte via via dal blocco per trarne fuori una libera, vera immagine.

Debbo però confessare che non tutti questi lacerti di prosa hanno la stessa origini e provenienza. Molti nascono spesso in me da qualche visione, da qualche sogno o da qualche lettura ma siccome son brevi notazioni di cose filosofiche o naturali vanno a finire insieme alle altre nel canestro delle schegge. La qual parola è conosciuta dai più purtroppo sotto altro e più pauroso significato, durante le guerre: schegge di bomba o di proiettile. Ma vi assicuro che a questo senso omicida non ho mai pensato, nonostante che io apparisca a molti, ma non sempre a ragione, una specie di guerrigliero battagliero o peggio.

 

 

 


 

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