Marco Marchi, Novecento. Nuovi sondaggi, Le Lettere, 2004

 

A dieci anni di distanza dai Sondaggi novecenteschi, questa nuova opera di Marco Marchi raccoglie altri tredici saggi su altrettanti protagonisti del secolo appena scorso. E così, insieme ai «grandi» come Svevo, Montale, Pasolini e Palazzeschi, ritroviamo Loria, Baldacci, Tozzi, Papini, Luzi, Landolfi e tutti i personaggi che gravitavano intorno alla rivista «Il Frontespizio» e alla «Antologia Vieusseux». Una ricostruzione del Novecento che non lascia fuori un altro «grande» di quel secolo, il melodramma, quello «scriver cantando» che potrà sedurre o respingere poeti e scrittori, ma che a ogni modo li influenzerà e si insinuerà tra i loro versi e le loro righe.  

 

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Andrea Vannicelli, La tentazione del racconto: le novelle del primo Papini tra simbolismo e futurismo (1894-1914), Cesati, 2004

 

Il panorama della letteratura italiana del primo Novecento presenta ancora, pur dopo le varie e complesse esplorazioni che la storiografia contemporanea vi ha condotto, numerose zone d’ombra: su una di esse, le novelle del giovane Papini, l’autore ha voluto proporre un’indagine minuziosa e ricca di dati, ma al tempo stesso informata da un’interpretazione globale. Giovanni Papini (1881-1956), lo scrittore italiano che in vita conobbe affermazioni e contrasti, ha subíto dopo la morte molto spesso un disconoscimento della sua statura d’artista e di uomo. A più di quarant’anni dalla sua scomparsa, la sua figura torna ad imporsi come quella di uno dei grandi protagonisti della letteratura italiana della prima metà del Novecento.  

  (continua)

 

 

 

 

Paola Italia, Il pellegrino appassionato. Savinio scrittore. 1915-1925, Sellerio, 2004

 

La ricostruzione di questa avventura - completa di fonti e particolari, minuziosa fino alla cronaca quasi quotidiana - ci racconta un Savinio operosissimo, che intanto si prepara meticolosamente con un curricolo da studente autodidatta all'illusione di elegante facilità della sua prosa laboriosamente raggiunta, e con tratti insospettabili: quando per esempio si scopre che al suo arrivo in Italia Savinio ha una padronanza della lingua italiana meno che scolastica e inizialmente la traduce dal francese con - dice egli stesso - 'somma fatica'. Che scrive per riviste e rivistine con entusiasmi e delusioni, fino ai primi riconoscimenti e successi. Sullo sfondo l'infaticabile opera di consumato 'agente letterario' del fratello Giorgio de Chirico che contemporaneamente avvia il suo straordinario genio pittorico; il sodalizio ferrarese col fratello, e Carrà, e De Pisis, in cui s'inventa l'arte metafisica; e la viva stagione della nuova letteratura italiana, tra Milano Firenze e Roma, di Papini, Soffici, Prezzolini, Cardarelli, Bontempelli, troppo a lungo sottovalutata, e più breve di quanto si immagini, per via dell'avvento del Fascismo. "Inutile dire - spiegava Savinio - che, carpito il potere, Mussolini non si ricordò più di noi. Cominciò allora quella sorda avversione al fascismo degli uomini di mente poetica e artistica, che svuotò il fascismo di ogni contenuto spirituale e diventò così una delle cause meno appariscenti, ma più profonde della sua morte". Con un'Appendice di testi inediti.

Indice:
Premessa;
Capitolo 1. Un''officina ferrarese';
Capitolo 2. Un cantiere letterario a Salonicco;
Capitolo 3. Il ritorno dell'Argonauta;
Capitolo 4. Per una 'filosofia delle arti': "Valori plastici";
Capitolo 5. Sotto il segno di Papini: "La Vraie Italie";
Capitolo 6. Savinio 'rondista' e l'ironia leopardiana;
Capitolo 7. Un romanzo schopenhaueriano: "La casa ispirata";
Capitolo 8. Un romanzo weiningeriano: "Avventure e considerazioni di Innocenzo Paleari";
Capitolo 9. La 'poetica della memoria': "Tragedia dell'infanzia" e "Sul dorso del Centauro";
Capitolo 10
. Savinio e il fascismo: il "Nuovo Paese" e il "Corriere Italiano";

 

Pier Luigi Ballini (a cura di), Fiorentini del Novecento, Polistampa, 2004

 

“Il Novecento a Firenze è una pagina di grande rilievo nella storia dell’Italia contemporanea. I personaggi che hanno animato e reso, per tanti aspetti, inconfondibile la storia di questa straordinaria città hanno lasciato segni profondi, ben al di là dei suoi confini, spesso al di là di quelli dello stesso paese. I profili biografici consentono di conoscere non soltanto vita, attività, opere di questi Fiorentini del Novecento ma anche di ricostruire aspetti e vicende del secolo passato. Offrono indicazioni e percorsi di ricerca, motivi di riflessione” (Dall’ Introduzione di Cesare Angotti).
In questo volume sono presentati: Pietro Annigoni, Ernesto Balducci, Piero Bargellini, Gino Bechi, Umberto e Nathan Cassuto, Edoardo Detti, Leo Samuele Olschki, Giovanni Papini, Pietro Porcinai, Carlo Ludovico Ragghianti, Ardengo Soffici, Attilio e Enrico Vallecchi.
Scritti di Benedetto Annigoni, Sandro Rogari, Bruna Bocchini Camaiani, Pier Luigi Ballini, Luciano Alberti, Ida Zatelli, Mariella Zoppi, Pier Francesco Listri, Giorgio Luti, Luigi Zangheri, Alberto Busignani.
Presentazione di Carla Guiducci Bonanni.

www.polistampa.com

 

 

Angelo Comastri, Dov'è il tuo Dio? Storie di conversioni nel XX secolo, Edizioni San Paolo, 2003

 

Le storie di Paolo di Tarso, di Agostino di Ippona, dei grandi convertiti dei secoli antichi ancora oggi riempiono di stupore. Ai contemporanei, tuttavia, sembrano storie di un passato lontano, come se Cristo non avesse più la forza di chiamare e di attrarre. Sua Eccellenza Angelo Comastri dimostra, invece, in questo volume che la voce di Cristo è ancora capace di procurarsi ascolto, di risuonare nei cuori, nonostante i pregiudizi e l'ostilità. Adolfo Retté, André Frossard, Giovanni Papini, Edith Stein, Eugenio Zolli, Sergej Kourdakov e Pietro Cavallero sono uomini del 1900. Diversi per origine, formazione e professione essi credevano di portare avanti un loro progetto di vita quando una voce potente ordinò loro di abbandonare la loro casa per avviarsi verso una terra nuova. Come Abramo e come Paolo essi furono quasi costretti ad obbedire. Iniziarono una vita nuova, una vita di fede, di speranza e di carità che non mortificava il loro talento ma riscaldava il cuore ed apriva nuove prospettive. I racconti di conversione di sua Eccellenza Comastri non hanno per scopo la gloria degli uomini. Essi testimoniano che Cristo è vivo e continua a chiamare alla sua sequela. La sua compagnia calma le tempeste, libera dall'angoscia e dall'oppressione.

 

 

Alberto Cadioli, Letterati editori, Net, 2003

Temuto come minaccia alla creatività, ma ambìto come fonte privilegiata di guadagno, il rapporto con l'editoria rappresenta un momento centrale nell'esperienza dei letterati italiani tra Otto e Novecento. La sua importanza, però, si rivela interamente solo quando lo si osserva con uno sguardo nuovo, capace di scorgere nell'attività editoriale di molti scrittori e critici la ricerca di un progetto culturale e letterario. E' con questo sguardo che Alberto Cadioli prende in esame alcuni tra i più significativi "letterati editori" del nostro secolo: Papini e Prezzolini, con le edizioni della Voce: Carocci e Bonsanti, con le Edizioni di Solaria e la Collezione di Letteratura che hanno fatto conoscere i grandi scrittori contemporanei: Luigi Rusca, con le edizioni economiche della "Bur" negli anni cinquanta. E ancora Debenedetti e Calvino che al Saggiatore e all'Einaudi hanno trasformato il lavoro editoriale in un intervento "militante" per affermare un preciso modello di letteratura.

 

 

Mario Isnenghi, Il mito della Grande Guerra, Il Mulino, 2003

Qui presentato nella quinta edizione questo volume, fortemente innovativo per tesi, documentazione e metodo, ha segnato uno spartiacque negli studi sulla prima guerra mondiale. Le riviste dell'età della "Voce", i fogli interventisti, i diari di trincea e la letteratura sulla guerra: rileggendo questa sterminata produzione Isnenghi ha ricostruito l'atteggiamento di una intera generazione di intellettuali italiani nei confronti dell'intervento e poi dell'esperienza bellica. Da Marinetti a Papini, da Prezzolini a Gadda, da Soffici a Jahier, Serra, Malaparte, Borgese, d'Annunzio, la guerra si configura di volta in volta come occasione rigeneratrice per l'individuo e la società, come veicolo di protesta o, al contrario, antidoto alla lotta di classe. Le molte facce del mito della Grande Guerra compongono in queste pagine uno spaccato di storia mentale, sociale, politica dell'Italia nel passaggio dalla politica delle élites alla società di massa.

 

 

Piero Gobetti, Carteggio 1918-1922, Einaudi, 2003

Piero Gobetti (1901-1926) occupa una posizione atipica nella storia del pensiero politico italiano. Padre dell'antifascismo intransigente, è stato a lungo, e in una certa misura è tuttora, oggetto di un 'uso pubblico': rivendicato come eredità simbolica da liberalsocialisti e azionisti, comunisti, liberali, sinistra democratica da una parte; contestato per il suo liberalismo rivoluzionario dall'altra.
Meno esplorato è stato il suo pensiero dal punto di vista storico, che invece ne può fornire le chiavi di lettura: un'esperienza maturata in meno di otto anni, nel periodo culminante della crisi italiana ed europea del primo dopoguerra, dovrebbe essere letta nel suo farsi e nel contesto in cui si è definita. La pubblicazione integrale dei carteggi gobettiani fornisce uno strumento essenziale a tale scopo: già iniziata con l'edizione della corrispondenza con Ada Prospero, prosegue ora con lo scambio epistolare con personaggi di primo piano della cultura italiana, da Croce, Gentile, Salvemini, Einaudi a Prezzolini, Papini, Soffici, Carrà e con i coetanei Santino Caramella, Carlo Levi, Natalino Sapegno. A differenza delle lettere alla fidanzata, quelle dirette ai maestri e agli amici non fanno alcuna concessione al privato, e costituiscono la trama di un'intensissima attività culturale. Ricostituiti in un'unica sequenza cronologica, i carteggi sopravvissuti alle inevitabili dispersioni presentano nuove interrelazioni e colmano i vuoti d'informazione, per esempio quello sul periodo che intercorre tra la fine di "Energie Nove" e l'inizio della "Rivoluzione Liberale", ampiamente documentato in questo volume. Da tale intreccio risulta una sorta di autobiografia, nella quale appare con evidenza l''equivoco generazionale' che ha segnato la formazione di Gobetti, rendendo piú drammatica la resa dei conti con la generazione dei fratelli della "Voce", all'avvento del fascismo.
L'edizione è corredata dall''Introduzione' della curatrice Ersilia Alessandrone Perona, che ha aggiunto un''Appendice' di documenti inediti o adespoti collegati alle lettere e schede sui novanta corrispondenti di Gobetti presenti in questo volume.

 

Paolo Casini, Alle origini del Novecento. «Leonardo», 1903-1907, Il Mulino, 2002

I venticinque fascicoli del periodico giovanile d'avanguardia «Leonardo», pubblicati tra il 1903 e il 1907, continuano a sollecitare la critica storica, letteraria, ideologica di varia tendenza. Della Florentine band of Leonardists, come la definì William James, fecero parte, oltre a Papini e Prezzolini, artisti come Spadini, De Carolis e Costetti, scrittori come Borgese e Cecchi, filosofi come Vailati, Calderoni, Amendola. Questo saggio offre una via d'accesso al caleidoscopio di correnti ideologiche e pulsioni iconoclaste che si alternarono nelle pagine fino all'adesione al pragmatismo di James, in occasione del Congresso di psicologia tenuto a Roma nell'aprile del 1905; scelta che segnò il culmine della parabola del «Leonardo» e l'inizio del suo declino, sullo sfondo di un aspro conflitto tra neoidealisti e pragmatisti pro e contro le nuove tendenze della psicologia sperimentale. Gli slanci, le infatuazioni, le cadute, le prese di posizione, i manifesti, le formule e le svolte ideologiche, le scelte fideistiche dei protagonisti sono colti in un panorama d'insieme come momenti di una storia scritta a più mani da intellettuali ventenni, impegnati nell'avventurosa ricerca di una propria identità. A distanza di un secolo, il segno di contraddizione impresso nelle pagine del «Leonardo», avversato dai benpensanti, accolto con imbarazzo dai posteri, appare paradossalmente sottratto al dominio dell'effimero e all'usura del tempo. 

 

AA.VV.Cerchio e spirale. Approdo e avvio. L’explicit nella narrativa breve dalla fine dell’Ottocento a oggi,L'Astolfo, 2002 Atti del convegno internazionale tenuto all’Université catholique de Louvain-la-Neuve, Ottobre 1999

Questa miscellanea riunisce studi di italianisti olandesi, belgi, italiani e svizzeri sull’explicit nella narrativa breve dall’Ottocento a oggi. Accanto a studi teorici e generali vi si trovano saggi su d’Annunzio, Jahier, Papini, Primo Levi, Calvino, Parise, Bonaviri e Tabucchi. Fino a oggi gli studi dedicati agli incipit sono stati molti, quelli che si sono soffermati sulle chiuse pochi, come se la fine fosse conseguenza scontata di ciò che la precede. È sufficiente leggere gli explicit delle novelle di Verga per comprendere come la fine sia tutt’altro che limine prevedibile. Nella narrativa breve di consumo si preferiva (e si preferisce) una fine che conferma idealmente valori esposti in una cornice o che è punto d’arrivo di una struttura teleologica. Più tardi sono comparsi anche testi a spirale e ad avvio, le cui chiuse si prolungano in un aldilà di lettura incerto, non definitivo. Spirale e cerchio, approdo e avvio sono nozioni complesse e contraddittorie su cui gli autori di questa miscellanea cercano di riflettere.

Contiene: Andrea Vannicelli, Gli explicit nelle novelle del primo Papini, tra liberty e futurismo

Nei racconti del Tragico quotidiano, pubblicati da Papini nel 1906, non mancano le concessioni alla moda letteraria dell’epoca, e non manca neppure qualche ingenuità, che volentieri perdoneremo al giovane autore. Ci sono una serie di explicit molto eleganti, di un’eleganza liberty. Ecco come termina per esempio I consigli di Amleto, un lungo monologo di un personaggio molto caro ai simbolisti : «Ma ecco che all’ora dell’aspettazione succede quella dell’impazienza. La nave ondeggia e si scuote sullo specchio delle acque e fa gemer gli ormeggi che la ritengono presso terra – il cavallo scalpita e freme e protende il muso in avanti verso il prato che odora, verso il campo che mareggia.» Un certo estetismo, di marca dannunziana, non è assente da queste righe, che tradiscono una tendenza ad inserire metafore auliche nel corso del dettato narrativo. La novella fu d’altronde prepubblicata nel 1904 su «Hermes», una rivista che prediligeva il dannunzianesimo.

 

Barna Occhini, Lettera a te, Le Lettere, 2002

Una lunga lettera d'amore alla donna amata, da poco scomparsa, un lungo colloquio, un ultimo tenero incontro per raccontarsi la vita trascorsa. Potrebbe essere una storia come tante ce ne sono e ce ne saranno: di amore e di morte, di affetti spezzati anzitempo e di affanni senza speranza, se la penna di chi scrive non fosse quella di Barna Occhini, scrittore, saggista, storico dell'arte, che trasforma questa lunga Lettera a te in un romanzo nel quale i protagonisti rispondono ai nomi di Giovanni Papini con la moglie Giacinta, Viola Papini Paszkowski, Ilaria Occhini, Ardengo Soffici, che nel testo compaiono semplicemente come il padre, la madre, la sorella, la figlia, l'amico del padre. Nessun nome proprio, solo il grado di parentela o di amicizia rispetto alla destinataria di questa Lettera, Gioconda Papini, donna la cui eccezionale bellezza è fermata in tante fotografie (che arricchiscono questo volume), e da un bel ritratto fattole da Primo Conti. Un solo nome compare, e una volta soltanto: Gioconda, ultima parola-invocazione accorata in questo testo rimasto inedito per quasi mezzo secolo e che Simonetta Bartolini ha recuperato e curato per la stampa. Un romanzo che è un atto d'amore e insieme un documento storico: i protagonisti hanno infatti un posto importante nella nostra storia letteraria e politica.

 

Opere precedenti al 2002