Il Commento

 

Il Commento esce a Milano il 16 febbraio 1908 presentandosi come saggio di un futuro settimanale: «secondo l'accoglienza altrui o la voglia nostra continueremo»; mancarono l'una e l'altra.

Papini giunge a Milano nei primi giorni del 1908 insieme alla moglie Giacinta, sposata nell'agosto dell'anno precedente. Vi giunge stanco di Firenze «dolce ma velenosa»[1] e con una gran voglia di lavorare e lasciarsi alle spalle le polemiche ancora vive create dalla soppressione improvvisa della rivista precedente, il Leonardo. Vuole anche verificare la possibilità di entrare nella redazione del Corriere della Sera, così come assicuratogli da Ettore Janni, redattore culturale del quotidiano, e stringere rapporti con l'editore Treves. Il soggiorno di Papini a Milano dura fino all'aprile e non è facile, Papini stesso si lamenta delle condizioni materiali  in una lettera a Prezzolini «(camera sporca, scomodità materiali, trattorie orribili, pochi denari, ecc.)»[2] ma mettendole, appunto, fra parentesi. In realtà, oltre alla difficoltà di passare un inverno a Milano dovendo contare spesso per il pranzo e la cena sulla generosità degli amici, soprattutto del conte Alessandro Casati (spassosissimo il ricordo che ne fa Soffici nella sua opera autobiografica),[3] tutte le iniziative in campo editoriale che hanno portato Papini a Milano finiscono in nulla. Sia i contatti con la direzione del Corriere della Sera che quelli con la casa editrice Treves rimangono senza esito e, come si è detto, la rivista Il Commento si ferma al primo numero. Eppure, poco più di un mese dopo il suo arrivo, le idee per una nuova rivista si concretizzano con sorprendente rapidità. In una lettera a Prezzolini dell'11 febbraio, così Papini tratteggia il profilo della nuova rivista:

Il Commento avrà 8 pagg. tipo Regno – a due colonne, uscirà ogni settimana.

– Sarà tutto composto di articoli brevi (da cinque righe a un massimo di 2 coll.) stampato in carattere fitto e uniforme.

– Sarà completamente anonimo.

– Oltre i commenti, pubblicherà anche spunti filosofici o sensazioni personali ecc brani di scrittori.[4]

Ad aiutarlo nell'impresa è giunto Soffici da Firenze mentre Alessandro Casati si è detto disposto a finanziare i primi quattro numeri aspettando di vedere le reazioni del pubblico e le possibilità di trovare altri mecenati. Superato lo scoglio finanziario Papini si decide subito per la pubblicazione e in pochi giorni Papini, Soffici e Casati buttano giù gli articoli del primo numero. Anche Prezzolini, sollecitato per lettera quasi ogni giorno da Papini, che gli fa la cronaca "in diretta" delle discussioni sulla struttura della nuova rivista, manda una breve nota su Romain Rolland, autore di Jean-Christophe. Si tratta di articoli tutti brevissimi che vogliono «creare un nuovo tipo di giornale – rapido, laconico, crudo, sincero – che serva come di margine ai grandi giornali».

In effetti gli argomenti trattati sono spesso occasionati da avvenimenti di carattere politico o sociale del momento o anche semplicemente dall'uscita di un articolo su un altro giornale o di un nuovo libro. Sarà proprio una breve nota sulla ristampa di un libro di Antonio Fogazzaro, Minime[5], a provocare la chiusura del giornale. L'articolo è di Casati che usa il tono del miglior Papini stroncatore: è vero, sono state intitolate Minime, ma un titolo così umile «non ne scusa la miseria», tanto più che, nel passato, titoli di questo tipo, come le Ceneri e Faville di Carducci erano di ben altra tempra. Il Commento non è ancora in edicola e tale tono pare al Casati non accettabile, per il rapporto di amicizia che lo lega a Fogazzaro;[6] gli sembra forse una cattiveria non scusabile e con il rimorso per tale atto arriva la decisione di ritirarsi dall'impresa. Papini, che forse ha già avuto sentore del disimpegno di Prezzolini, che solo all'ultimo momento ha mandato una breve nota e non sembra disposto né a muoversi da Firenze né a impegnarsi su più larga scala, non ha voglia di darsi d'attorno a cercare un altro finanziatore, forse per rispetto anche per Casati. Certo non dovette portare rancore all'amico, con il quale, anzi, collaborò ancora in seguito. Già nel 1908 pubblica un importante saggio sulla rivista di Casati, Il Rinnovamento, La Religione sta da sé,[7]  e stretti contatti saranno mantenuti anche quando Papini pubblicherà L'Anima con Giovanni Amendola e per tutto il periodo vociano.

Concludiamo con le parole di Prezzolini sul soggiorno milanese di Papini: «Il soggiorno di Milano fu un felice “insuccesso” nella vita pratica di Papini; se il Corriere fosse stato diretto da una persona di maggior gusto e ardimento, se la Casa Treves fosse stata in mano d’un uomo più generoso e colto, se Milano, insomma, fosse stata quella che erano a quel tempo Parigi o Monaco di Baviera, i massimi giornali ed editori non si sarebbero lasciati sfuggire uno scrittore come Papini. E chi sa che cosa sarebbe accaduto di lui. Alle volte le ripulse dei mediocri, l’abbandono degli amici incerti, la freddezza del pubblico giovano a chi è forte e lo spingono più avanti di quello che sarebbe andato se incoraggiato dalla fortuna».[8]

 

 

Indicazioni bibliografiche

Per la vicenda della rivista si veda Il Commento (1908), a cura di Franco Contorbia, Il melangolo, Genova-San Salvatore Monferrato, s.d. (1976) che riproduce per intero gli articoli dell'unico numero del giornale, indicando per ognuno il probabile autore (tutti gli articoli uscirono anonimi). Nell'introduzione sono riprodotti brani di alcune delle lettere che i protagonisti si scambiarono in quel periodo. Sul rapporto tra Papini e Casati si veda il saggio di Francesca Petrocchi D'Auria Filosofia, cultura e tensione religiosa nel rapporto fra Giovanni Papini e Alessandro Casati, in Giovanni Papini (a cura di Sandro Gentili), Atti del Convegno di studio nel centenario della nascita. Firenze, Palazzo Medici-Riccardi, 4-5-6 febbraio 1982, Vita e Pensiero, Milano 1983. Per la rievocazione del periodo milanese di Papini si veda Ardengo Soffici, Fine di un mondo. Autoritratto d'un artista italiano nel quadro del suo tempo. IV Virilità, Vallecchi, Firenze 1955.

 


[1] Lettera di Papini a Soffici in Ridolfi, Vita di Giovanni Papini, Mondadori, Milano 1957, pag. 121

[2] Lettera di Papini a Prezzolini in Giovanni Papini - Giuseppe Prezzolini,   Storia di un'amicizia, vol. I 1920-1924, a cura di Giuseppe Prezzolini, Firenze, Vallecchi 1966, pag. 161

[3] «La sera andavamo a cena in un ristorante a buon mercato, detto Cooperativo, che avevamo scoperto a un angolo della Galleria, al quale si saliva per una lurida scaletta di ghisa; locale sinistro, battuto da impiegatucci spiantati, quasi un capannone da zuppa popolare per mendicati riguardosi... Quello che poi ci davano da mangiare era inqualificabile: intendo il termine nel senso che non si poteva definire o classificare. Un giorno che s'era scoperto nella lista un certo garganello, e l'avevamo chiesto, ci venne presentata una bestia arrostita tutta ossa e pelle, che non si seppe come mandar giù: vi trovammo il giorno di poi una verzagola in umido: ordinammo anche quella; e fu lo stesso festino: scegliemmo l'indomani un manzolino lesso, di cui avevamo letto il nome nella medesima lista; e peggio con peggio. Papini chiamò allora il cameriere e gli domandò che diavolo fossero gli animali denominati in quel modo.  - E' un acquatico - rispose ridacchiando il cameriere. Bastò la parola. Il garganello, la verzagola, il manzolino erano lo stesso sciagurato volatile battezzato con nomi ogni giorno diversi, diversamente manipolato, e sempre immangiabile». Ardengo Soffici, Fine di un mondo. Autoritratto d'artista italiano nel quadro del suo tempo. IV Virilità, Vallecchi, Firenze 1955 pagg. 27-29

[4] Lettera di Papini a Prezzolini in Giovanni Papini - Giuseppe Prezzolini,   Storia di un'amicizia, vol. I 1920-1924, a cura di Giuseppe Prezzolini, Vallecchi, Firenze 1966, pag. 160

[5] Antonio Fogazzaro, Minime, Baldini e Castoldi, Milano 1908

[6] Antonio Fogazzaro sostiene la rivista di Casati "Il Rinnovamento" che, dopo la condanna papale del modernismo nell'enciclica Pascendi del settembre 1907 e la successiva scomunica del 24 dicembre dello stesso anno dei suoi principali collaboratori, sta vivendo un periodo delicato. Cfr. in ultimo Flavio Peloso, Michele Busi, Roberto de Mattei, Antonio Lanza  Don Orione negli anni del modernismo, Jaca Book, Milano 2002.

[7] Collaborando al Rinnovamento Papini incappò nella scomunica papale che colpiva i collaboratori della rivista. L’articolo La Religione sta da sé  uscì nel fascicolo 4 del 1908 (fu poi ristampato nel volume papiniano La pietra infernale, Morcelliana, Brescia 1934)

[8] Giovanni Papini - Giuseppe Prezzolini,   op. cit. pag. 158